È in via di svolgimento a Milano – con il coordinamento della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano, la collaborazione del Comune di Milano, della Polizia Locale e il sostegno di Mondadori Retail, da sempre attiva nella promozione della cultura su tutto il territorio nazionale – una campagna di indagini geofisiche relative al sito dove sorgeva l’antica chiesa di San Dionigi.
Insieme a San Nazaro, Sant’Ambrogio e San Simpliciano, la chiesa di San Dionigi era una delle quattro chiese ambrosiane disposte una opposta all’altra fuori le mura della città. Di queste, San Dionigi – attestata nel V secolo e annoverata nel IX secolo tra le 12 “chiese matrici” di Milano – è l’unica scomparsa.
Su questa chiesa si addensano eventi e personaggi importanti per Milano. San Barnaba, il primo vescovo di Milano, vi conficcò una croce. Ambrogio volle che qui fossero portate le spoglie del vescovo Dionigi, deposte nella magnifica vasca termale in porfido, traslata nel 1536 in Duomo, e utilizzata da allora come fonte battesimale. Nell’882 l’arcivescovo Angilberto volle ricostruire la chiesa più grande per degnamente onorare il corpo di san Dionigi. Ed Ariberto nei primi decenni dell’XI l’ampliò con torri alla maniera tedesca e donò alla chiesa la magnifica Croce di Ariberto, oggi al Museo del Duomo ed una copia in Duomo.
Lo scavo archeologico svolto dalla Soprintendenza in settembre e ottobre 2017 presso i bastioni di Porta Venezia, nei giardini Indro Montanelli (con fondi ministeriali) ed eseguito dalla Cooperativa Archeologia, ha portato alla scoperta di importanti strutture murarie dell’antica chiesa e di alcune sepolture. È la prima volta che con certezza si individuano i resti della chiesa scomparsa, demolita alla fine del XVIII secolo.
Le attuali indagini, che interessano un tratto di circa 150 m. di carreggiata in entrambi i sensi di marcia sui Bastioni di Porta Venezia, in prossimità di piazza Oberdan, e un’ampia area all’interno dei giardini Indro Montanelli proprio in corrispondenza degli scavi 2017, sono di tipo non invasivo, ovvero senza movimentazione terra. Con l’ausilio di un georadar, uno strumento di circa 2m di larghezza su ruote, sono in fase di acquisizione i profili radar distanziati di pochi centimetri e finalizzati all’elaborazione di una mappa radar ad alta definizione, in grado di fornire una rappresentazione grafica oggettiva degli elementi rilevati.
Tale analisi ha lo scopo di ottenere un rilievo estensivo delle strutture conservate nel sottosuolo nell’area di interesse, meglio interpretabili proprio grazie al confronto con quelle già riportate in luce con gli scavi archeologici. In particolare, si spera di poter ricostruire con maggior certezza la planimetria completa della Chiesa di San Dionigi, così come doveva apparire anche prima della ristrutturazione del 1500, che portò alla demolizione del presbiterio e dell’antico convento proprio per lasciar spazio alle nuove mura urbane.
Le indagini geofisiche, affidate a 3DGeoimaging, saranno poi propedeutiche alla programmazione di una nuova campagna di scavi archeologici, che potranno riprendere a breve ancora all’interno dei giardini.