Rapina a Stoccolma è una crime comedy basata su fatti realmente accaduti, una rapina dai risvolti psicologici complessi, giocata tra ironia e tensione.
Il film prende spunto dalla rapina avvenuta nel 1973 presso la Kreditbank di Stoccolma, dove un uomo prese in ostaggio tre dipendenti della banca. L’avvenimento divenne un caso mediatico non solo perché a essere colpita fu una delle più importanti banche del paese, ma soprattutto per lo strano e assurdo legame che si instaurò tra il rapinatore e gli ostaggi.
Quello che per molti sembrò qualcosa di totalmente irrazionale, per i malcapitati, intrappolati nel caveau, risultò un’esperienza che cambiò le loro vite per sempre. Infatti, non solo si affezionarono al rapinatore, con risvolti paradossali e sovversivi, ma si ritrovarono anche a difenderlo dalle forze dell’ordine. Al termine della vicenda, quello che si andò delineando fu l’origine di una delle più strane e complesse sindromi psicologiche contemporanee: la sindrome di Stoccolma.
A interpretare Lars Nystrom, il rapinatore un po’ eccentrico e sopra le righe, troviamo il candidato all’ Oscar Ethan Hawke (Valerian e la città dei mille pianeti, I magnifici 7, Boyhood), al suo fianco Noomi Rapace (Seven Sisters, Alien: Covenant, Sherlock Holmes – Gioco di ombre) e il candidato ai BAFTA Mark Strong (Shazam!, Kingsman: Il cerchio d’oro).
Tra dialoghi surreali, riferimenti allo spirto dell’America anni 70 e canzoni di Bon Dylan, Rapina a Stoccolma, diretto da Robert Budreau (Born to be Blue), racconta qualcosa di unico e significativo in un film dove la realtà è davvero più strana della finzione.
SINOSSI
Stoccolma, 1973. Lars Nystrom, un rapinatore alquanto eccentrico, irrompe nella banca centrale e prende in ostaggio alcuni impiegati per costringere la polizia a scarcerare il suo amico Gunnar. Con i suoi modi bizzarri, Lars riesce ad accattivarsi le simpatie e l’aiuto dei suoi sequestrati, soprattutto di Bianca, moglie e madre di due bambini. Il paradossale rapporto tra Lars e i suoi ostaggi ha dato origine al fenomeno noto come “Sindrome di Stoccolma”.