Tra i film della rassegna ‘Le Vie del Cinema 2020‘, approdata al Martinitt dal 26 al 30 settembre, particolarmente intenso è stato “Lo Spaccapietre“, che narra il silenzio del dolore nelle campagne della Puglia. Uno spaccato di vita che di vita possiede ben poco. Un film che, nonostante tutto, regala la forza di sorridere ed andare avanti.
Le difficoltà sono uno scoglio quotidiano che ognuno di noi è costretto a vivere, ma è solo vedendo e osservando bene film di questa entità che ti si apre la mente e ti fa andare al di là nella quotidianità, mentre in realtà verosimili, come quelle evidenziate dal regista, il coraggio assume un entità fondamentale nella formazione e nella crescita. E’ così che Gianluca e Massimiliano De Serio hanno inquadrato il loro film, scritto a quattro mani, dove hanno deciso di mettere a nudo una storia identificata nel presente ma con lo sguardo nel passato, una questione che forse non vedrà mai fine, quella del capolarato.
Ambientato nelle campagne della Puglia, mette a nudo le difficoltà di una famiglia che fa fronte ad angherie, brutture e disgrazie, subendo inerme la dimenticanza della società civile; uno spaccato doloroso e spesso troppo nascosto dai media, una realtà crudele si, ma anche stimolante per noi che spesso possediamo tutti i confort, che guardiamo dove trascorrere le ferie o spendiamo i nostri averi nella scelta del completino costoso per fare fitness, quando poveri disgraziati magari vicini a noi, devono quotidianamente lottare per un tozzo di pane.
Lo Spaccapietre prodotto da: La Sarraz Pictures, Shellac Sud, Rai Cinema, con il contributo del MiBACT, con il sostegno di Europa Creativa, Hopefulmonster/Fondazione Merz, Cinéaxe, Région Provence Alpes Côte D’azur, CNC, Tax Shelter (Gouvernement Fédéral De Belgique), Fondazione Apulia Film Commission; narra di una famiglia semplice, vera, molto povera e costretta da molte difficoltà ad affrontare la quotidianeità con gli sgoccioli di energia racimolati nelle poche ore di sonno e nel poco cibo ingerito a loro disposizione, guardando sempre con attenzione mista a disperazione quello che potrebbe accadere l’indomani, ma con l’unica ancora di salvezza che è il legame familiare e l’amore intenso e puro che in famiglia dovrebbe essere d’esempio.
Qualsiasi storia pregna di amore è una storia che merita di essere raccontata, ogni amore forte e sincero il più delle volte è pregno di sofferenza o di abbandono, e questa storia raccontata nel film “Lo spaccapietre” come ogni storia d’amore che si rispetti, narra di sofferenza, prepotenza, dedizione, sottomissione, lavoro, sotterfugi, difficoltà, follie, insomma tutto quello che contorna il sentimento dell’amore ma col tocco naturalista di una storia che trafigge e condiziona l’animo e il pensiero dello spettacolo. In tutto questo calderone di emozioni, c’è incredibilmente spazio anche per il sogno inseguito dal piccolo protagonista Samuele Carrino, e rincorso con determinazione dal padre interpretato da Salvatore Espostito; quello di poter rivedere la madre rimasta uccisa sin un incidente sul lavoro ed attorialmente fatta rivivere da Licia Lenera. Il sogno, quello che comunque ci ricorda che siamo seduti su una comoda poltrona di un cinema e che quello che abbiamo vissuto è fortunatamente lontano dalla nostra quotidianeità, ma che se vogliamo dare un senso alle nostre giornate, non dobbiamo scordare che esista ed anche se sembra impossibile, anche solo un piccolo gesto potrebbe minimamente lenire il dolore di persone che queste realtà le vivono davvero. Nel cast anche altri ottimi interpreti come Antonella Carone, Giuseppe Loconsole e Vito Signorile.
A confezionare ottimamente un opera ben recitata, ritmata e verosimile, una bella fotografia e delle scene girate in piano sequenza che per difficoltà e qualità meritano di essere sottolineate; altro punto registico molto interessante è l’utilizzo del silenzio come “arma” scenica, difatti i rumori sottolineano un realismo cinematografico e lasciano quasi totalmente orfano il film di musica.