Moda Circolare: la fashion industry sempre più sostenibile grazie a 10 trend di comportamento sociale

La moda circolare è un fenomeno sempre più popolare e secondo il Circular Fashion Report 2020 il business potenziale del mercato è di 5mila miliardi di dollari, il 67% in più dell’attuale valore della fashion industry.

Tutto questo grazie a una maggiore sensibilità da parte dei consumatori che arrivano anche da Instagram, dove l’hashtag #sustainablefashion conta quasi 10 milioni di post.

Si può considerare un grande traguardo se si pensa che, secondo la Banca Mondiale, il settore è responsabile del 10% delle emissioni globali annuali di carbonio, più di tutti i voli internazionali e del trasporto. Non solo, secondo una ricerca pubblicata su Nature Reviews Earth and Environment, ogni anno vengono consumati 1500 miliardi di litri d’acqua, i rifiuti tessili superano i 92 milioni di tonnellate.

A questo si aggiunga che la lavorazione e la tintura dei tessuti sono responsabili del 20% dell’inquinamento idrico industriale e il 35% delle microplastiche negli oceani è attribuibile ai lavaggi dei capi in fibre sintetiche. Inoltre, la Ellen MacArthur Foundation stima che ogni anno si perdono circa 500 miliardi di dollari per indumenti che vengono indossati a malapena, non donati, riciclati o che finiscono in discarica. È quanto emerge da un approfondimento condotto su testate internazionali da Espresso Communication per Be Green Tannery, innovativa conceria con sede a Solofra (AV) e fondata nel 2018.

Ora, secondo gli esperti del settore, anche se la strada è in salita, la direzione è quella giusta. Secondo Elena Cedrola, docente di Marketing e Management all’Università degli Studi di Macerata, “Molte aziende si stanno impegnando in varie iniziative post-vendita come il riutilizzo, il riciclo e la rigenerazione, volte a creare valore anche dai capi d’abbigliamento dismessi.

 A confermare una maggiore consapevolezza delle aziende e dei consumatori è anche Ariela Mortara, docente di Sociologia dei Consumi all’Università IULM di Milano: “È possibile immaginare che verranno premiate le aziende e i brand capaci di dimostrare il loro impegno sostenibile su più fronti, così come probabilmente, a fronte di una riduzione degli acquisti, ci potrà essere una rivalutazione dei capi di buona qualità, sia dal punto di vista dei materiali sia del design, capaci di sopravvivere al rapido turn over imposto dalla moda”. Infine, sul tema interviene Giovanni Maria Conti, docente di Storia e Scenari della Moda al Politecnico di Milano: “Anche i luoghi preposti all’acquisto cambieranno aspetto; forse potremo trovare prodotti da comprare al momento o da noleggiare anche solo per una riunione o una colazione; così come potremmo ricevere lì i nostri acquisti online e, perché no, trovare personale specializzato per la cura o la messa in misura di ciò che abbiamo comprato. Il cambiamento a cui tutti assisteremo, progettisti, imprenditori, professionisti e artigiani, credo che sia la più grande sfida progettuale del prossimo  futuro”.

Ecco le 10 tendenze che renderanno la moda più sostenibile nel 2021:
economia circolare contro l’inquinamento: un approccio globale, oltre a diminuire il consumo idrico ed energetico potrebbe ridurre il volume annuale di plastica che finisce nei mari di oltre l’80%;
produzione tessile più sostenibile: attraverso un impianto di depurazione, le acque derivanti dalle lavorazioni tessili nel distretto tessile di Prato vengono raccolte, depurate e rimesse nel sistema di produzione, attraverso un sistema di acquedotto industriale;
conceria sostenibile: la pelle prodotta da Be Green Tannery, certificata metal free, è realizzata attraverso un processo sostenibile che ne riduce l’impatto ambientale;
internalizzazione di tutte le fasi della supply chain: consente al distretto tessile biellese di controllare e certificare il reale impegno verso la sostenibilità;
sfilate green: l’action plan della moda danese prevede una riduzione dell’impatto ambientale delle sfilate del 50% entro il 2022 e 17 requisiti di sostenibilità da soddisfare entro il 2023;
mercato dell’usato: una ricerca di Boston Consulting Group e Vestiaire Collective ha dimostrato che entro cinque anni il mercato crescerà del 15-20% soprattutto grazie alla Generazione Z;
maggiore trasparenza e tracciabilità della filiera: secondo una ricerca di Fashion Revolution, 7 consumatori su 10 chiedono che i brand pubblichino la lista degli stabilimenti produttivi;
utilizzo di fibre biodegradabili o ricavate da prodotti di scarto: tra i materiali sostenibili ci sono cotone organico, lana e plastica riciclate, fibre artificiali rinnovabili e canapa. A questi si aggiungono materiali come la pelle che vengono ricavati da prodotti di scarto;
limitare i resi online: secondo Appriss Retail, negli USA il costo dei resi è di 369 miliardi di dollari. L’obiettivo è ricreare l’esperienza del camerino a casa, limitando gli acquisti ad alto tasso di reso;
fashion renting: una tendenza sempre più popolare è quella del noleggio di abiti e accessori, che ha l’obiettivo di diminuire l’acquisto di capi d’abbigliamento dedicati soprattutto a particolari occasioni.

Fonte EGazzette.it