Milano, 10 settembre 2021 – Sta giungendo all’epilogo il processo sull’amianto nella metropolitana milanese che vede imputato l’ex manager della società di trasporti Elio Gambini, per omicidio colposo per il decesso per mesotelioma e altre malattie absesto correlate, avvenuto tra il 2009 e il 2015, di sei dipendenti esposti a fibre e polveri di amianto nei tunnel della metropolitana e nei depositi dei mezzi di superficie.
Dopo la sentenza assolutoria del giudice di primo grado, Maria Idra Gurgo di Castelmenandro, che ha sostenuto, in sintesi, che le prove emerse durante il dibattimento relative alla dispersione di fibre e alla loro inalazione da parte dei dipendenti non fossero sufficienti e che non fosse possibile stabilire la responsabilità penale di alcun imputato, il processo è approdato oggi alla Corte di appello di Milano.
Dopo l’intervento dei difensori delle parti civili e del Procuratore Generale che ha sottolineato la necessità di un migliore vaglio delle prove acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale sulla base quindi di accertamenti tecnici, testimonianze e acquisizioni documentali, la prossima udienza è stata fissata per il 21 ottobre alle 10.00 per le conclusioni del responsabile civile, del difensore dell’imputato e la sentenza.
Il PM Maurizio Ascione, che ha condotto le indagini e rappresentato la pubblica accusa nel corso del primo grado, e che, unitamente ad alcune parti civili, tra cui l’Osservatorio Nazionale Amianto, rappresentato dall’avv. Roberta Verzicco, ha impugnato la sentenza assolutoria chiedendo la condanna dell’imputato ribandendo che è dimostrato che vi fu negligenza, imprudenza e imperizia, oltre che violazione di regole cautelari, in un periodo nel quale era ben risaputo e conosciuto il rischio amianto, e peraltro in assenza di strumenti cautelari e che ATM non ha fornito nè informazioni sul rischio amianto, nè autorizzato l’uso di dispositivi di protezione individuale e collettiva ai lavoratori esposti arrivando a negare addirittura la presenza di amianto.
“Auspichiamo che la Corte di Appello, renda giustizia a coloro che hanno lavorato nella metropolitana milanese e che purtroppo hanno perso la vita per l’esposizione alla fibra killer” – dichiara Ezio Bonanni, Presidente ONA e legale dei familiari di alcune vittime, che precisa – “in caso di in caso di eventuale conferma dell’assoluzione, procederemo in sede civile dove chiederemo il risarcimento del danno, oltre all’indennizzo INAIL già riconosciuto”.
Bonanni già nel 2016 aveva formalizzato la costituzione di parte civile citando ATM come responsabile civile perchè rispondesse dei danni in solido con l’imputato. Nel contempo si sono moltiplicati i casi di segnalazioni di malattie asbesto correlate tra coloro che hanno svolto le medesime attività.
“Si sarebbe potuta evitare l’esposizione, la lesione alla salute, e le tragiche conseguenze che si sono verificate utilizzando materiali sostitutivi, o anche mettendo a conoscenza i dipendenti del rischio amianto dotandoli di maschere protettive e di altri presidi, si deve far luce sul perché questo non è avvenuto e di chi sono le responsabilità – spiega, e aggiunge – “esprimiamo preoccupazione per gli altri lavoratori esposti e chiediamo che venga istituito un servizio di sorveglianza sanitaria per tutti coloro che hanno svolto le stesse mansioni dei deceduti negli stessi periodi” – conclude il legale. L’Osservatorio Nazionale Amianto, già dal 2008, ha segnalato diverse situazioni a rischio in Lombardia, tra cui la presenza di amianto nelle case dell’Aler. Si sono infatti verificati diversi casi di mesotelioma (1.400, di cui 800 solo a Milano) tra coloro che hanno abitato questi appartamenti che solo nei tempi più recenti sono stati bonificati.
L’ONA ha costituito uno specifico dipartimento con un servizio di assistenza medica e legale attraverso lo sportello telematico https://www.osservatorioamianto.com/sportello-nazionale-amianto/ e il n. verde 800034294.