L’emozione è stata tanta ieri sera per il debutto Milanese del LIOLA’ di Pirandello al Teatro Manzoni di Milano, presentato nel nostro precedente articolo, che con questa prima inaugura non solo la stagione di prosa, ma anche la ripresa della piena capienza della sala teatrale.
Questo spettacolo nasce da una delle opere più conosciute dello scrittore siciliano, che quando la scrisse nel 1916 prese spunto dal quarto capitolo del “Fu Mattia Pascal” e dalla novella “La Mosca”, altre note opere Pirandelliane. Ne viene fuori una commedia divertente, i cui temi portanti sono l’amore e la giustizia.
Francesco Bellomo, che ne cura anche a regia, nel suo adattamento la colloca nel 1940, rendendo i personaggi ancora più vicino a noi, nonostante il testo di Luigi Pirandello sia sempre fresco e attuale come concetti e contenuti. La prima stesura dell’opera era in dialetto agrigentino ed era stata scritta per il grande attore siciliano Angelo Musco, che garantiva diverse centinaia di repliche, quindi redditizio per l’autore. Fu proprio a seguito del successo straordinario che venne costretto a tradurla in lingua italiana e da sempre è stata rappresentata in tutti i teatri divenendo un classico.
Lo spettacolo è improntato all’umorismo e in esso emergono chiaramente tutte le caratteristiche del dualismo e relativismo pirandelliano. La commedia fa ridere, ma non è gioconda però mette allegria, sia pure sia bene evidente un sottofondo di cattiveria, di ipocrisia e perfino pervasa da po’ di tristezza, giustificata dal fatto che per l’autore non era un periodo particolarmente felice: mentre scriveva l’opera il figlio era prigioniero e la moglie era affetta da importanti crisi psichiatriche.
La scena si apre sulla rappresentanzione del borgo marinaro di Porto Empedocle, luogo vicino alla casa natia di Pirandello. Su tutto predomina il bianco del promontorio, conosciuto come la Scala dei Turchi, che fa da sfondo all’aia dove sono situate le case in cui si svolgono tutte le scene della commedia. Tutti i dialoghi sono comprensibilissimi, perchè pur rimanendo fedele all’opera originale, la rilettura di Bellomo l’ha resa più snella e con un linguaggio fluido, quasi cinematografico, più vicino allo spettatore di oggi.
I due interpreti principali sono GIULIO CORSO (Liolà) ed ENRICO GUARNERI (Zio Simone), affiancate da Caterina Milicchio, Alessandra Ferrara e Margherita Patti, le tre donne intorno alle quali sono costruite tutte le vicende, seguite da Alessandra Falci, Sara Baccarini, Giorgia Ferrara, Federica Breci, con Nadia Perciabosco nel ruolo di Zia Ninfa e con la partecipazione di Emanuela Muni nel ruolo di Zia Croce. Insomma una commedia al femminile dove alcuni tratti dipingono delle donne energiche, lontane dallo stereotipo di donna di quel periodo storico, ma che conserva tutta la saggezza contadina di quella cultura siciliana, portando avanti i suoi valori.
LA TRAMA
la vicenda narrata nella commedia racconta di un ricco possidente terriero che con l’avanzare dell’età, non avendo eredi, era preoccupato a chi lasciare i suoi averi “la roba”. Per questo dopo essere rimasto vedovo, passa a seconde nozze con una giovane donna (Mita), ma dopo quattro anni il figlio tanto desiderato non arriva e per lui questo diventa la sua ossessione e sarebbe disposto a tutto pur di diventare padre.
In questo intreccio compare Liolà, un giovane contadino che con la sua allegria e la sua vita trasgressiva attrae le donne del luogo che fanno a gara per averlo. Una di queste donne è Tuzza che dal rapporto amoroso con Liolà rimane incinta. Quando la madre (Zia Croce) lo scopre organizza una tresca e riesce a convincere Zio Simone a dire a tutti che il figlio è suo, impedendo nel frattempo a Liolà di avvicinarsi alla figlia che regge la menzogna della madre.
Zio Simone sembra aver risolto il suo problema, ma cominciano i suoi guai perchè la giovane moglie lo lascia e si rifugia a casa della zia Gesa, ed è qui che Liolà riesce a farle capire che se anche lei desse un figlio a zio Simone, il problema si ribalterebbe. Così la seduce fino ad avere un rapporto amoroso con lei e anche in questo caso la donna rimane incinta.
In questi frangenti nascono una serie di dissapori, incomprensioni e vendette che rendono intrigante la commedia fino a quando tutti rimangono invischiati e viene fuori il cinismo e la grettezza dell’animo umano.
A Zio Simone fa comodo credere che il figlio aspettato dalla moglie è suo e, senza porsi troppe domande su un possibile tradimento, ritorna a vivere con lei. Nello stesso tempo vorrebbe che Liolà sposasse Tuzza. In questo modo si salverebbero tutte le apparenze. Liolà però, sia pure non ha mai abbandonato i figli nati dalle sue unioni libertine, ma li affidate sempre alle cure della madre (zia Ninfa), si rifiuta di sposare Tuzza perchè sa che perderebbe la sua allegria e questo rifiuto lo paga caramente.
La commedia è tutto un susseguirsi di situazioni ironiche, di scene di vita campestre, con canti e balli.
I due interpreti, Giulio Corso ed Enrico Guarneri, nei lori rispettivi ruoli, che sono l’uno l’antitesi dell’altro, hanno ben interiorizzato il personaggio. Il primo, l’unico personaggio positivo, si muove, canta, balla e recita ed è pienamemte padrone della scena, riuscendo a catalizzare tutto su di se. Il secondo, grazie alla sua comprovata esperienza artistica ha una recitazione potente e convincente che non lascia dubbi.
Anche i ruoli delle donne anziane sono ben caratterizzati e le tre interpreti sanno rendere pienamente il loro personaggio in scena, sia in recitazione che presenza scenica.
Le musiche hanno un ruolo importante nello spettacolo e accompagnano le varie scene, rendendole dinamiche ed emozionanti, grazie al lavoro di recupero e rielaborazione di canzoni popolari del passato da parte di Mario D’Alessandro e Roberto Procaccini.
Il regista Francesco Bellomo nella sua rilettura ha voluto dare alla commedia un finale diverso da altre precedenti edizioni, soprattutto per omaggiare il pensiero di Antonio Gramsci, che quando aveva assistito alla prima della commedia, aveva detto: “Liolà è una delle opere più gioiose della letteratura pirandelliana, ma mancano un matrimonio o il sangue“. Per questo, il finale arriva a sorpresa e Liolà rimane, ahimè, vittima della cattiveria umana.
Il pubblico milanese rimane pienamente soddisfatto e convintamente applaude, senza remore, tutti gli interpreti che si presentano sul palco, dove li raggiunge anche il regista Francesco Bellomo che li presenta al pubblico ad uno ad uno, molto contento dell’accoglienza che le ha riservato il Teatro Manzoni di Milano.
Il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=Cw3IKj6fc8c
Bellomo coglie l’occasione per chiedere al pubblico un applauso supplementare per il mondo del teatro che ha ritrovato la normalità, grazie all’ultimo decreto che rende possibile la piena capienza.
Anche noi auspichiamo questa ripartenza possa essere un definitivo addio a tutte le norme di distanziamento che hanno reso prima impossibile e poi complicato la frequentanzione dei teatri.
Ora deve essere il pubblico a riempire i teatri per ritrovare il divertimento e la socialità persa in questo tempo sospeso che abbiamo vissuto fino ad adesso.
ORARI: feriali ore 20,45 – domenica ore 15,30
BIGLIETTI:
Poltronissima Prestige € 35,00 – Poltronissima € 32,00 – Poltrona € 23,00
Poltronissima under 26 € 15,50