All’interno del progetto espositivo “The art of two generations” a cura di Bianca Friundi e in programma al Museo Italo Americano di San Francisco dal 22 ottobre 2021 al 20 febbraio 2022, l’artista al Museo Italo Americano di San Francisco presenta la mostra “2020: a Milano nell’ora del lupo”, un nuovo percorso di immagini ispirate al capoluogo lombardo durante la pandemia Covid-19 preceduto da un ampio lavoro di preparazione dal titolo Diario della pandemia: in tutto 39 opere fra disegni e dipinti che descrivono le atmosfere del vissuto lockdown tra assenze, silenzio e desolazione, i non-luoghi di una Milano dipinta in presa diretta durante un periodo unicamente drammatico, di sospensione dal tempo e dalla vita quotidiana.
La pittura di Giovanni Cerri, classe 1969, fin dai suoi esordi avvenuti alla fine degli anni Ottanta ha spesso raccontato la città e l’ambiente urbano, in particolare il territorio delle periferie, partendo proprio da Milano, città dove da sempre vive e lavora, ricca di spunti artistici, architettonici e di immagini legate al mondo industriale.
Giovanni la sua città l’ha vissuta, indagata e rappresentata in tanti aspetti, cercando sempre di rendere partecipe il pubblico di quanto sia stato importante per lui, come uomo e artista, crescere in un determinato tipo di ambiente.
Così, a cinque anni di distanza dalla mostra Milano ieri e oggi, realizzata in occasione di Expo 2015, l’artista presenta un nuovo percorso di immagini ispirate a Milano, questa volta partendo da un fatto reale altamente drammatico, l’epidemia Covid-19.
Preceduto dal corpus di disegni Diario della pandemia, già esposti a ottobre 2020 alla Casa di Lucio Fontana a Comabbio (VA), il ciclo di lavori realizzato ad-hoc per la mostra “2020: a Milano nell’ora del lupo” richiama nel titolo il film L’ora del lupo di Ingmar Bergman del 1968, dove diventa emblematica la citazione: “L’ora del lupo è quella tra la notte e l’alba, quando molta gente muore e molta gente nasce, quando il sonno è più profondo, gli incubi ci assalgono, e se restiamo svegli abbiamo paura.”
Non solo scorci di una Milano vuota, osservata “in presa diretta” negli accadimenti di quei mesi, quando il rumore prevaricante era il suono sempre più incessante delle ambulanze, ma anche alcuni volti in cui si percepisce l’angoscia della rinuncia alla vita di tutti i giorni, la costrizione degli spazi privati, la rinuncia alla libertà di muoversi dovuta all’emergenza sanitaria e ai suoi divieti inderogabili.
Volti e sguardi immersi nell’ora più buia, introspezioni del “coprifuoco”, come quello di Papa Francesco nella solitudine immensa e sconfinata della giornata del 27 marzo 2020 durante la preghiera e la benedizione Urbi et Orbi in una Piazza San Pietro desolatamente vuota.
Giornate oscure e piovose, che si susseguono una dietro l’altra, drammaticamente uguali, tenebrose e struggenti come tutte quelle settimane in cui il mondo pareva essersi fermato, costretto a una tragica sosta: Piazza del Duomo, il Castello Sforzesco, la Basilica di Sant’Ambrogio, lo skyline della città con i nuovi grattacieli dell’area di Porta Nuova dove in primo piano un carrello della spesa è stato abbandonato, il tram che percorre una periferia vuota e silente. Anche i parchi giochi sono pervasi dalla muta assenza, così come i posti di lavoro, come nel quadro “Stop”, che ci mostra una scavatrice spenta in un cantiere vuoto, perché il virus ha posto fine anche all’articolo 4 della Costituzione.
Soffre la Milano di Giovanni Cerri, così come la città italiana più colpita dal Covid, Bergamo, volutamente rappresentata dall’artista con colori lividi e tetri nell’opera “Bergamo tace”.
Il progetto espositivo “The art of two generations”, comprendente anche la mostra di Giancarlo Cerri “Le sequenze astratte. 1995-2005” e realizzato con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco e il Museo della Permanente di Milano, si pone come un confronto aperto tra le ricerche pittoriche di Giancarlo e Giovanni Cerri, padre e figlio, che in passato hanno già avuto occasione di esporre insieme in Italia e all’estero.
Due modi differenti di pensare e interpretare il dipingere ma con radici profonde e comuni, per un intenso omaggio all’essenzialità della pittura e alla irrinunciabilità della vita.