L’Uomo dal fiore in bocca di Pirandello, messo in scena da Antonio Syxty, al Teatro Litta fino al 27 febbraio

Sarà in scena fino al 27 febbraio 2022 all’MTM Teatro Litta di Milano lo spettacolo “L’Uomo dal fiore in bocca”, con Francesco Paolo Cosenza e Nicholas De Alcubierre, debuttato in prima nazionale il 17 febbraio, per la regia di Antonio Syxty.

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LA RECENSIONE:
L’ambiente misero fa da sfondo alla rappresentazione teatrale della novella di Pirandello che aveva, giustamente, per titolo “La morte addosso”: si tratta di un caffè in una piccola stazione ferroviaria di provincia, dove le sedie sono impilate e ricoperte da un telo di plastica, quasi a indicare la scarsa affluenza di clienti.

Solo 2 attori in scena, un viaggiatore (Nicholas De Alcubierre), che, a causa dell’ingombro dei suoi bagagli, ha perso il treno; accanto a lui, l’uomo dal fiore in bocca (Francesco Paolo Cosenza), sobrio, più anziano, compito nei suoi movimenti eleganti.

Sono entrambi in attesa: il primo del prossimo treno, l’altro della morte, filo conduttore di un dialogo che risulta essere un monologo, portatore non di una aspettativa nel domani, ma del ricordo di tempi passati, di cattive notizie, di cattive diagnosi, di cattive reazioni. Il parlare di quotidianità, pacchi, commissioni che il marito svolge intanto che la moglie è in villeggiatura, belle confezioni, è solo un corridoio, stretto e freddo per arrivare al punto focale del dramma della morte. “Il dramma è dentro di noi”, “Il dramma siamo noi”: poche parole esprimono la mancata accettazione del fine vita, quasi fosse un’eccezione e non la normalità.

Due donne, presenti non in scena, ma nell’interazione con le storie maschili: la moglie del viaggiatore, emblema del giornaliero impegno di organizzazione familiare e la moglie dell’uomo dal fiore in bocca; lei, messa da parte dal marito, ormai chiuso nella sua bara della notizia di morte imminente; lei che lo osserva da lontano… vorrebbe avvicinarsi, consolarlo; lei, che, come “una cagna” cerca il padrone che la maltratta per farsi accettare, intanto che i suoi capelli si ingrigiscono sotto i suoi occhi per il dolore della sofferenza e del distacco.

Cosa passa nella mente di un uomo che sa di avere i giorni contati? Grazie alla “genialata” di un maxischermo (chicca di Antonio Syxty), possiamo vedere come in un film che passa in modo ripetitivo, le immagini dei ricordi, delle gioie, dei dolori… quei dejavu che fanno rivivere nel presente ciò che nel passato ha già toccato la mente e l’anima.

Il proscenio, esteso alla scala/ingresso al palcoscenico, all’inizio vede l’entrata e alla fine l’uscita di scena di quell’uomo con un fiore immaginario in bocca, con il suo incedere elegante… quel fiore sarà forse l’ultimo saluto prima di lasciare la vita che, anche con la morte prematura e inaspettata, l’ha sorpreso impreparato.

Spettacolo veloce nei tempi e lento nella rappresentazione. Fa riflettere molto, anche dopo. La vita non può essere solo un “correre dietro il vento”; il vento cesserà e la morte non sarà un episodio della vita, ma il dramma che non lascia più tempo e spazio.