Potente, dolce, unica. Lucrezia Lante della Rovere incanta il pubblico del Teatro Menotti di Milano con “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello, in scena dal 25 al 27 febbraio. Un adattamento riuscito del regista Francesco Zecca, che propone l’atto unico del grande drammaturgo siciliano dal punto di vista della moglie del protagonista.
Per notizie vi rimandiamo all’articolo di presentazione.
La trama di questo classico del dramma borghese è nota: un uomo decide di allontanarsi dalla vita e dalla moglie, che della prima rappresenta l’essenza, ma anche il passato. Lo spettacolo del Menotti dà voce alla donna muta che Pirandello fa solo intravedere dietro la porta; una donna a cui non rimane nient’altro che “attaccarsi con l’immaginazione alla vita” per non far andar via il marito.
Lucrezia Lante della Rovere si conferma fuoriclasse. Non è facile cambiare la prospettiva con cui si guarda un capolavoro e permettere al pubblico di continuare a vederlo tale. Complicatissimo offrire nuovi significati. L’attrice ci riesce, e prova a spiegarli: «Una donna che soffre relegata in un angolo, perché il marito in fin di vita le ha impedito di partecipare al suo momento finale dell’esistenza.
Sul palco le parole sono le stesse del copione originale, ma a dirle è lei, quella didascalia maltrattata dall’autore che finalmente prende voce. “Qui la donna dialoga con il marito sulla sua tomba e come un mantra, tra ricordi e dolori, ripete domande senza risposta: l’unico modo che le rimane per restare attaccati alla vita è immaginarsela, come scrive Pirandello».
Lo spettacolo – ovvio – non si distingue per leggerezza. É un dramma vero, intriso di pensieri profondi che avvolgono una straziante malinconia. Ma sono essi che fanno vibrare le corde dell’anima. Lucrezia Lante della Rovere è la violinista il cui assolo sale al cielo e si posa sul pubblico velandolo di magia. Grande per voce ed espressività. Unica per enfasi e trasporto emotivo.