Docente, narratore, saggista, poeta. La poliedrica figura di Giovanni Bernardini è stata ricordata in un evento, che ha richiamato tantissimi estimatori, nella sala degli specchi del Palazzo Baronale di Monteroni. Città di Monteroni in partenariato con Pro Loco di Monteroni, Fondazione Palmieri-Lecce, Edizioni Esperidi, Comitato cittadini e le associazioni Alessia Pallara ODV ed Helios.
Commovente il ricordo del figlio Marco che assieme ai fratelli Alberto e Paolo ha seguito con una certa emozione l’evento, che ha richiamato estimatori da ogni parte del Salento: “Mio padre mi ha trasmesso l’umiltà, l’amore per la cultura, il rigore morale”, racconta Marco, l’ultimo dei tre figli. “Voglio ricordarlo con questi versi che la dottoressa Carrozzini ha fatto apporre anche sulla sua tomba:
quando me ne andrò/ lungo i sentieri del silenzio/ se barlume mi resta / un sogno apparirà la vita / e nel sogno qualche seme gettato / forse fiorirà sulle zolle”.
INTERVISTA CON IL FIGLIO MARCO
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Ha aperto i lavori del convegno il sindaco, Mariolina Pizzuto: “Bernardini sfogliava la nostra Monteroni come se fosse un libro. Anche lui sognava una Monteroni ambita, aperta e solidale e quando componeva i suoi versi parlava a tutti e faceva in modo di essere capito da tutti”.
A ricordare Giovanni Bernardini a 100 anni dalla sua nascita sono stati tra i principali protagonisti della vita intellettuale che hanno conosciuto di persona l’autore. Ha presentato un ritratto che va dai temi scolastici che inneggiavano al fascismo alle esperienze tragiche della Guerra vissuta a Pescara sotto i bombardamenti e da internato in Germania, il professore Franco Martina che racconta: “Durante i suoi studi, Giovanni Bernardini realizza temi impregnati dell’ideologia fascista, controllati naturalmente dalle maestre. Gli alunni venivano fatti sentire parte integrante del processo storico, che portava a una sola cosa: la guerra. Ma tutto cambia quando il nostro arriva a Firenze e venendo a contatto con nuova linfa vitale, cambia completamente atteggiamento. La Guerra lo colpisce il 31 agosto con il bombardamento di Pescara e lui stesso viene internato dopo essere stato obbligato a salire su un treno merci e portato in un campo di concentramento, nella foresta nera, in Germania”.
“Nel suo libro IL TEMPO DELLA MEMORIA”, prosegue il professore Martina, “Bernardini racconta la fucilazione di tre prigionieri sotto forma di un diario scritto da un cappellano. I prigionieri da fucilare erano due, il terzo era un soldato, Francesco Nervi, che si rifiutò di eseguire gli ordini, perché si trattava di uccidere due amici e venne fucilato anche lui”.
“Giovanni diceva che il potere fondato sulla violenza e sulla guerra si regge sulla menzogna, come arma di impostura. Si premurò che i suoi libri andassero nelle scuole. E ci teneva che ci fossero le note per spiegare bene ai giovani la storia”.
Traccia un ritratto a tutto tondo il giornalista Massimo Melillo: “Bernardini apparteneva a una generazione che ha vissuto negli anni difficili, che avevano il compito di ricostruire una Nazione rasa al suolo dalla Guerra voluta dal nazi-fascismo. Gli intellettuali come lui erano intellettuali irregolari. In quel periodo era molto difficile essere comunisti o socialisti soprattutto nel Sud Italia in una provincia che Giovanni Bernardini chiamava Provincia difficile e che andava in controtempo rispetto alla Nazione”.
“Giovanni Bernardini come Nicola Carducci Raffaele Lala, Tommaso Fiore, Gaetano Salvemini, maestri di intere generazioni erano intellettuali irregolari.
“E che cosa fanno gli intellettuali irregolari?”, spiega Melillo. “Creano una rivista ormai dimenticata, per me leggendaria: il Campo, il cui modello viene dettato da Giovanni Bernardini, recensendo un libro famosissimo scritto da Mario Sansone, suo maestro e maestro di intere generazioni”.
Matteo Caione, giornalista di Monteroni di Lecce, ricorda Bernardini così: “Ho conosciuto Giovanni nel 2006 nell’ultimo tratto del cammino della sua vita. Lo intervistai per l’Ora del Salento. E’ stato un maestro di giornalismo sul campo. Lui sapeva essere uno scrittore asciutto e riusciva a trasmettere emozioni, combinando una scrittura asciutta e trasmettere sentimenti e passioni. Rigore stilistico e rigore morale. Lui si è piegato soltanto davanti al peso della sua veneranda età. Non ha mai rincorso il consenso. Ha semplicemente fatto quello che riteneva giusto. Ho imparato da lui che la lettura e la scrittura sono forme di resistenza civile”.
Mi concesse la sua ultima intervista prima di morire nel settembre 2019, quando gli chiesi: Quanto è importante tutelare la lettura dei libri in un’epoca social in cui tutto svanisce in un clic?
Mi verrebbe voglia di dire, nessun messaggio nulla perché i giovani tutto sanno. Ma ricorro a Padre Dante al discorso che Ulisse fece ai suoi davanti alle Colonne d’Ercole: la conoscenza anche a costo della vita. La cultura può essere volano di sviluppo e di progresso per il territorio. Prima ancora che dalle nuove tecnologie, il suo progresso dipende dallo sviluppo di nuove sensibilità”.
Ricorda Anna Grazia D’Oria, moglie del compianto editore Piero Manni che tanti lavori di Giovanni Bernardini ha pubblicato: “Giovanno Bernardini ha messo a disposizione la sua cultura per la crescita del territorio. Tutti siamo venuti a contatto con una personalità forte e al tempo stesso mite, rispettoso degli altri che avessero un pensiero diverso”.
“La sua prosa era limpida, calviniana, tutta nervi e ossa semplice e comunicativa. E aveva una grande leggerezza anche nell’esporre concetti difficili”.
A Pino Quarta che lo ha accompagnato da suo assessore nella sua breve , ma intensa esperienza da sindaco di Monteroni, il compito di ricordarlo sotto questa veste: “Non si tirò indietro rispetto a quella richiesta di impegno che i cittadini invocavano”, ricorda, “perché lui era convinto che l’intellettuale non può vivere felice o disperato nella sua torre d’avorio. Ma si deve spendere per il bene della collettività”.
Giovanni Bernardini, intellettuale irregolare, che ha gettato “molti semi, fioriti sulle zolle”. Ne è prova il successo dell’evento organizzato in suo onore a Monteroni di Lecce.
Carmen Mancarella, giornalista professionista da 33 anni, è direttrice responsabile della rivista di turismo e cultura del Mediterraneo Spiagge e della casa editrice Mancarella editore collegata al sito www.mediterraneantourism.it. Vive e lavora nel Salento.
Laureata in Scienze Politiche ha imparato l’ABC del giornalismo occupandosi di cronaca bianca, nera e giudiziaria, per La Gazzetta del Mezzogiorno, Quotidiano di Puglia, Leccesera e la Repubblica.
Nel 2001, partendo dalla bellezza della propria terra, il Salento ha indirizzato la sua professione verso il giornalismo turistico e la promozione territoriale, fondando la rivista di turismo e cultura del Mediterraneo Spiagge, un atto d’amore verso il Salento.
Collabora con Bell’Italia, In Viaggio e Di Più del gruppo Cairo editore. Ha scelto e proposto storie e location per le importanti trasmissioni tv Bell’Italia in Viaggio de La7, Linea Blu e Linea Verde Orizzonti per RAI UNO, Gulliver di Alma Travel TV.
Ha scritto tre libri: Le orme di Giovanni Paolo II nel Salento (2005), 16 Storie di Successo (2019) e Experience Marketing (2021).
Più volte premiata dai Comuni di cui ha curato la promozione, ha organizzato 19 eventi-conferenze stampa a Milano, sette a Berlino e tre a Parigi e ben 65 educational per giornalisti nel Salento (cinque in Calabria) ospitando qualcosa come oltre mille giornalisti, esperti in eventi, moda e turismo.
Alla sua storia professionale è stato dedicata una tesi di laurea in Valorizzazione dei Sistemi turistici presso UniCal (2017), tesi divenuta un libro: Strategie di comunicazione per una destinazione vincente. Il caso Puglia di Ana Maria Stan (2021).
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