VajontS 23: commento a una serata che celebra una tragedia dalle ferite ancora aperte

Vajont

Sono passati 60 anni da quel disastro, da quell’ “esplosione di una parte del pianeta che si ribella alle testarde invasioni umane… 60 anni sono volati: situazioni sono passate sotto i nostri occhi, tante notizie ci hanno fatto tremare, ma non possiamo/dobbiamo dimenticare!!

Appuntamento al Teatro Carcano, ma in contemporanea in altri 130 (altri dicono 150) teatri italiani. Le sale si sono riempite di ricordi, catene che hanno unito il passato doloroso, quanto irrisolvibile, al presente che può proporre e al futuro che esige approcci nuovi, tecnologie specifiche e rispettose di quelle leggi ambientali che pretendono  coerenza e serietà.

Ci sono testimonianze, fatti narrati, ma non solo… Mario Tozzi inizia i lavori della serata con una chiara distinzione tra eventi atmosferici, dinamiche ambientali guidati dalla forza della natura, anche violenta e distruttiva, ma riconoscibile e governabile dall’intelligenza umana, se applicata in modo legittimo, da un disastro annunciato come risposta alla violenza umana che irrompe nella roccia della montagna e pretende di comprendere i suoi segreti millenari come in un manuale di istruzioni per l’uso.

Paragone Giappone /Italia: 1 a 0 per loro. In presenza di una situazione a forte probabilità di terremoti, la risposta è una edilizia antisismica  e una popolazione educata all’evento. In Italia, questo non accade: costruzioni abusive sulle pendici vulcaniche, villaggi turistici sfrontati in ambienti protetti per i motivi più variegati… e poi la diga: grande, capiente, studiata a tavolino, ma i conti sono stati fatti senza l’oste, Quale sarà l’impatto ambientale? Come risponderà la montagna a questa ennesima violenza?

Iniziano gli attori della compagnia Atir, insieme ad alcuni cittadini milanesi e, con loro arriva Lella Costa, seria interlocutrice con chi ha molto da dire:

Chi ha gestito i sopraluoghi? Chi ha calcolato? Quale azienda ha avvallato la costruzione e la modalità di riempimento di questa vasca infinita situata tra il monte Toc e il monte Salta? Troppa acqua… facciamola defluire… ora è poca… riempiamo… quale incredibile confusione. E poi l’ambiente circostante che echeggia come Cassandra profetessa si sventura…

Si prepara la distruzione: un forte vento maleodorante spazza via uomini, animali, alberi; troveranno le loro molecole appiccicate come adesivi sulle pareti della montagna; si raccoglieranno dagli alberi frutti di morte e non ci sarà scampo. Olfatto colpito, vista che genera paura: la montagna avanza inesorabile, per frantumarsi ed essere lanciata in aria come grandine di pietra; udito che scatena il panico tra tutti: quel rumore sordo, i tuoni, i botti freddi della roccia… racconti, domande senza risposta. Gli attori sono disposti frontalmente: vediamo la loro partecipazione, accompagnata da una cadenza veneta ritmata, un lamento cantilenato, sirene nel deserto dell’orrido.

Quanto pesa un metro cubo d’acqua? E un metro cubo d’acqua che raggiunge i 90 km, di velocità? E quanti erano i metri cubi? Così tanto da spazzare via Longarone e le 5 frazioni vicine. La forza della natura resa indomabile dalla mano dell’uomo!

Una lavagna tiene il conto degli errori, delle persone, delle società. Non si può negare, soprassedere e dimenticare. E’ tempo di riguardare e fare scelte; non serve la consolazione per l’ accaduto. Serve la ribellione per bloccare sul nascere progetti di questa portata.

Serata impegnativa di studio e di conoscenza, accompagnate dalla recitazione sobria ma attenta e vissuta di attori che hanno trasmesso la quotidianità spezzata di una partita di calcio tra conoscenti e amici.

Rimbomba il dolore del pianeta… gli fa eco una tragedia umana e ambientale … quanto pesa un metro cubo di acqua??? La campana del campanile di Longarone che suona per tutti alle 22.39 ne segna ogni dimensione e ci porta a 1 minuto di silenzio.