‘La Foto del Turista’ al Teatro Martinitt convince il pubblico e invita a riflettere – recensione

Si è concluso questa sera sul palco del Teatro Martininitt di Milano, lo spettacolo La Foto del Turista”,  di Giovanna Criscuolo, nato da un’idea di Vincenzo Volo, per la regia di Federico Magnano San Lio, che con delicatezza esplora  il tema dell’Alzheimer, purtroppo sempre più attuale nella nostra società.

Altre info sullo spettacolo sul nostro articolo di presentazione.


RECENSIONE:

Il sipario si apre su un focus panoramico ristretto: una panchina e un balconcino che si affaccia su uno strapiombo sul mare.

Due persone, una donna, Monica (Giovanna Criscuolo), intenzionata al salto oltre la vita, informando il mondo tramite un selfie per tic toc e un uomo, Giuseppe (Vincenzo Volo), che  le si avvicina, senza scatenare il panico e la “salva”… da qui il sottotitolo “Io ti salverò, forse”. In apparenza, sconosciuti, incontrati per caso..

E’ già una comunicazione importante: la vita raccontata e vissuta sulla panchina; la prospettiva e il desiderio di morte sul balconcino.

Due persone soltanto, ma così intense, reali e profonde, da riempire tutto lo spazio del passato e del presente; anche lo spazio dell’imprevisto.


Eppure, malgrado la tematica relativa all’Alzheimer, non si trascende mai nella drammaticità di questa malattia degenerativa,
sottolineando il disagio di vivere che essa comporta. Al contrario! Attraverso dialoghi, a volte monologhi perché non compresi dall’interlocutore, vengono riprese dinamiche importanti, compresa la malattia all’interno della famiglia, i figli che crescono con tutte le problematiche connesse, le strutture sociali scarse o inefficaci.

Ancora una volta non è stressante… in realtà, i tratti comici di scene recitate com accondiscendenti verso le stranezze della donna, accompagnano lo spettatore in modo ironico. La capacità comunicativa dei due protagonisti (davvero top) inizia con la loro presentazione: lui composto, dentro il suo completo, con tanto di giacca e cravatta; lei eccentrica, dentro e fuori, con il suo abbigliamento confuso (complimenti a Dora Argento).

La finezza artistica (grazie all’idea di Vincenzo Volo e Giovanna Criscuolo e alla regia di Federico Magnano San Lio) rivela gli stati dell’animo umano, sia della donna, colpita dalla malattia, che passa da un pensiero all’altro, come se qualcuno premesse su un interruttore; sia dell’uomo, travolto da onde incontenibili di pensieri e azioni, nell’incapacità di porvi rimedio.

E’ la follia che rende folli e la lucidità dell’attimo che abbraccia di nuovo la realtà e porta a effimera consolazione. Ciò che rimane è amore, interesse, cura… questa è la chiave di lettura che fa capire agli spettatori il legame esistente (marito e moglie) e il profondo desiderio di ritornare a quell’abbraccio che li aveva uniti. Una vecchia canzone, la loro, canticchiata da entrambe, come spauracchio della dimenticanza; una foto scattata da un turista giapponese, quale chiave d’accesso in quel mondo alterato e dai contorni offuscati, qualcosa che emerge, incontrollato, dal cuore e non dalla mente…qualche secondo e l’oblio si ripresenta. Ma quel tempo minimo e speciale dona speranza in un prossimo incontro…

Quanto è vero… in salute e in malattia, in ricchezza e i n povertà… finchè morte non ci separi… e Giuseppe avrebbe condiviso anche la morte, tenendo la mano della sua sposa e lanciandosi nel vuoto.

Che dire di più? Spettacolo umano, vicino a molti. Passaggi tra le furie del drago incontenibili e tenerezze di amanti, confidenti e amici. Quanto possiamo riflettere intanto e dopo. Non sono storie semplici e facili da raccontare perché l’incomunicabilità favorisce il disagio e il distacco; quei piccoli spazi condivisi rimangono l’unica perla rara e, come tale, custoditi.

Imperdibile per una società che voglia ancora credere nei valori familiari, anche nei momenti di dura prova.