‘L’Avaro e la Troupe du Roi’: il genio di Molière tra metateatro, ironia e dinamismo scenico all’MTM Teatro Leonardo – recensione

Quando il sagace umorismo e il cinismo schietto di Moliere si incontrano con un teatro dinamico e scattante, il successo è assicurato.

Il riferimento  riguarda lo spettacolo “L’Avaro e la Troupe du Roi”, nella rivisitazione di Valeria Cavalli, che ne è anche la regista, in collaborazione con Claudio Intropido.

Altre info sullo spettacolo, orari e prezzi, sul nostro articolo di presentazione.


RECENSIONE

Una versione di questa commedia che va oltre il testo, pur mantenendosi fedele. Nella trama che racconta l’avarizia senza limiti di Arpagone, vissuta in famiglia, ma anche nelle relazioni sociali, vengono inseriti frammenti di metateatro che portano a confronto l’attore “mestierante” e l’uomo o la donna in sé, fuori dal ruolo della commedia in senso stretto, ma dentro  un ruolo parallelo, nel passaggio di battute così accattivanti da portare il pubblico all’attesa del prossimo momento “fuori opera”.

Qui si intersecano “L’avaro” e “L’improvvisazione di Versailles” dello stesso Molière, opere che, intrecciandosi, danno vita a una interpretazione estremamente coinvolgente. Molti i personaggi in scena: essi arrivano e occupano l’intero teatro, non solo il palcoscenico; comunicano tra loro e scelgono tra gli spettatori un re improvvisato, vestito in abiti regali, con tanto di scettro e collocato seduto su una poltrona al centro della sala. Sarà il riferimento al quale spesso rivolgeranno domande e scuse, interrogativi e dubbi. Questo rivive l’occasione in cui Molière recitò egli stesso davanti al Re Luigi XIV, con l’intraprendenza che lo distingueva.


Pietro De Pascalis
(Arpagone), sa rendere il suo personaggio sgradevole, non solo per l’ avarizia, ma anche per la limitatezza emotiva soprattutto nei confronti dei figli: Elisa (Isabella Perego) che sposerà Valerio (Ludovico D’Agostino) e Cleante (Simone Severgnini), che sposerà Marianna (Giulia Marchesi), sottraendola a un terribile matrimonio con Arpagone. La sua voce acuta e poi grave, il rumore della sua gola simile a un grugnito, le espressioni chiuse e giudicanti… e poi arriva il metateatro: l’attore è dispiaciuto delle sue dimenticanze o si arrabbia perché sono state eliminate delle parti; discute con il regista e con gli altri attori. Verso la fine, sottolinea, a cavallo tra i suoi pensieri, la mancanza di valori che caratterizza anche la nostra società. Un mito di versatilità!

E poi le sorprese, le musiche (grazie a Gipo Gurrado) pertinenti e incalzanti; gli intrighi, le parti cantate e danzate, gli artifici tecnici… un mix potente e travolgente di ilarità, gioco e divertimento intelligente. L’uso di una sorta di ruota orizzontale ha permesso di realizzare più piani e spazi di recitazione, alternando tempi e luoghi diversi, con cambi di scena repentini, spesso vie di fuga da situazione contorte o imbarazzanti. Ogni attore si muove instancabile sulla scena e, cambiando abito (grazie alla costumista Anna Bertolotti) trasforma se stesso e la scena che lo coinvolge, come accade con Saetta (Sabrina Marforio), multiruolo, che introduce i suoi avvisi verbali con il suono di un gong.

Il finale non si accontenta di due matrimoni e del ritrovamento del tesoretto dell’avaro, ma porta in primo piano il lavoro di coloro che fanno teatro, che amano la possibilità di trasmettere messaggi a un pubblico che ascolta e non risparmia gli applausi, soprattutto se così meritati.

Un lavoro originale da rivedere e da proporre per la forza impattante e per la simpatica maestria di tutti coloro che, in pubblico o dietro le quinte, hanno saputo dar vita a uno spettacolo più unico che raro.

Oggi l’ultima replica da non perdere!