‘Scene da un Matrimonio’: una nave in piena tempesta che cerca una via per la salvezza – Recensione

Fino al 26 gennaio 2025, la Sala Grande del Teatro Franco Parenti di Milano ospiterà “Scene da un Matrimonio”, l’adattamento teatrale del celebre capolavoro di Ingmar Bergman per la regia di Raphael Tobia Vogel.

Una non troppo famosa canzone intitolata “Small Talk”, Katy Perry canta traducendo dall’inglese: “Non è strano che ci conoscevamo? Sapevamo tutti gli alti e bassi. E ora mi vedi e dici solo “Ehi!”. Non è strano che mi hai visto nuda? Abbiamo avuto conversazioni su tutto e ora si parla solo del meteo, okay”.

Ecco, la sinossi è più o meno questa ed è una storia tanto comune quanto sbalorditiva, soprattutto se si pensa all’impatto culturale e che, quando nel 1973 la miniserie da cui è estrapolato lo spettacolo venne pubblicata, i divorzi in Svezia raddoppiarono. L’idea di vivere una parte della vita con una persona che poi diventa quasi una sconosciuta è angosciante ed è per questo che lo spettacolo ha avuto tanto successo, oltre al linguaggio moderno e alle scene che rappresentano una sorta un’antropologia della coppia in crisi in capitoli.

Altre info sullo spettacolo, date orari e prezzi  sul nostro articolo di presentazione.


RECENSIONE

Protagonisti della storia sono Fausto Cabra e Sara Lazzaro nei ruoli di Giovanni e Marianna. I due attori sono brillanti, di una bravura sconvolgente, che ti lasciano senza fiato. È sorprendente la velocità con cui passano da un registro ad un altro, esagerando nelle espressioni pur rimanendo realisti e convincenti.

Gli abiti indossati sono eleganti e adeguati al contesto e all’evolversi della storia. La vestaglia da notte della moglie all’inizio della storia diventa un abito da business woman alla fine, al contrario il completo da lavoro ingessato del marito diventa una tuta sgualcita nell’ultimo atto. Un evolversi di coscienza di sé e di distruzione dell’altro, una lotta ad armi impari e un percorso di formazione e trasformazione.

La scenografia è composta in modo sapiente, divisa in due stanze che rappresentano le due anime, una a destra e una a sinistra. Il soffitto esprime compressione e chiusura e assenza di libertà. Le scene si muovono in queste due stanze attraverso dialoghi incessanti e intensi. I dettagli sono interessantissimi, come l’etichetta dell’aeroporto sulla valigia.

Il palco diventa una nave in cui questi pirati della sopravvivenza danzano da poppa a prua, incessantemente, tirandosi dietro sputi, amore, rabbia, scarpe e silenzi. Una nave che ti trascina nelle onde di questo spietato racconto senza filtri che è lo spettacolo a cui stiamo assistendo.

LA REGIA
La regia di Raphael Tobia Vogel, già noto per opere come “Per strada” e “Costellazioni”, ha ancora una volta dimostrato il suo straordinario talento con la messa in scena di questo spettacolo in cui si distingue per la capacità di esplorare le fragilità e le dinamiche emotive umane, portandole sul palcoscenico con delicatezza.

Vogel, infatti, non si limita a raccontare una storia, ma crea un’esperienza immersiva che enfatizza il dramma emotivo dei protagonisti. La sua regia acuta e consapevole è stata fondamentale per esaltare le straordinarie interpretazioni dei due attori protagonisti che, grazie al suo lavoro, hanno potuto approfondire ogni sfumatura dei loro personaggi.

Il regista ha saputo calibrare perfettamente i momenti di tensione e di intimità, utilizzando spazi scenici minimali ma carichi di significato. Gli spettatori sono stati invitati non solo a seguire la storia, ma a riflettere sulla distanza emotiva e fisica che caratterizza molte relazioni odierne. Il finale, volutamente privo di una risoluzione confortante, rappresenta una scelta coraggiosa che obbliga il pubblico a confrontarsi con la realtà della complessità dei sentimenti.

LE LUCI
Ma la grande protagonista di questo spettacolo è sicuramente la luce
. Non ho mai visto usare la luce in maniera così precisa. Espressione e simbolismo mediante le luci e le ombre sono chiaramente presenti, accompagnati dal perfetto posizionamento degli attori in base alla scena. Sono gli stessi attori anche a posizionare diversamente le lampade o le candele per creare movimento. La luce intensa nelle prime scene diventa macchiata e piena di crepe nei momenti successivi in cui la coppia svela la crisi, per finire in una luce bianca folgorante, quasi paradisiaca o mortale, nell’ultima scena quando ormai tutto è stato detto e le ombre non esistono più. Il velo di Maya è ormai squarciato.

 E’ sicuramente uno spettacolo da non perdere!