Geoff Westley rivisita e riadatta le musiche di Fabrizio De Andrè, dirige l’Orchestra Verdi ed esalta le voci di solisti e coro. Capolavoro all’Auditorium di Milano.
Uno gremitissimo Auditorium di Milano, accoglie l’unica data italiana del concerto “Fabrizio De Andrè Sinfonico”, ideato dal Maestro d’orchestra Geoff Westley che quasi un decennio fa, esordisce in maniera maestosa, elegante e soprattutto d’effetto.
L’impatto ottico è stato quello delle grandi serate, palco bello ma volutamente asettico per far risaltare gli orchestrali di una delle più prestigiose orchestre al mondo ed i loro strumenti, per un totale di 64 musicisti, delicatamente curati nel outfit e nelle movenze sceniche. 12 coristi del Coro Galbiati ed i solisti che hanno incantato con interpretazione e delicatezza vocale: Toni Servillo intramontabile ed eclettico performer ed Ilaria Patassini, in arte Pilar, la quale ha meritatamente ricevuto gli applausi più scroscianti del pubblico in sala.
Dettato il menù artistico, a noi in sala, non è rimasto che goderci lo spettacolo con le esecuzioni più di nicchia del repertorio di Faber con intriganti duetti tra i solisti, melodici assoli degli strumenti a fiato o a corda, assonanti vocalizzi del coro ed una pura energia artistica del Maestro, che col suo accento inglese, ha donato anche spontanei momenti ilari.
Da sottolineare la grinta e l’interpretazione nella “mitica” canzone Don Raffaè, eseguita da Toni Servillo; l’apprezzabile lavoro registico fatto sulla, forse più famosa Bocca di rosa, eseguita a più voci dall’emozionato e preparato coro; La canzone dell’amore perduto eseguito e personalizzato dall’eclettica cantante Pilar; ed in coda allo spettacolo il religioso inno Anime salve che ha commosso ed esaltato la platea.
Raccontarvi lo show è irriverente nei confronti della musica, ma lasciare qualche spunto per poter navigare nuovamente tra le note dell’eterno artista genovese, è doveroso e al contempo educativo. Soprattutto in un epoca dove musica elettronica prodotta con molta pazienza, ma con un clic, deve essere prepotentemente discostata dall’arte musicale, strumentale e canora. Quest’ultime, oltre ad essere precedute da anni di studio, devono essere supportate da una preparazione fisica abituale e da una tenuta emozionale per sostenere quasi due ore di spettacolo, cosa egregiamente successa ieri.
La gioia più grande è stata quella di vedere un pubblico eterogeneo ed addirittura bambini attenti ed affascinati dal concerto. L’arte è vita, è viva e bisogna solo saperla cercare; quindi un grazie dovuto alla produzione, ai tecnici, alla Fondazione Cariplo, ai Medici Senza Frontiere Onlus e a tutti coloro che fomentano questa fame irriverentemente prepotente ed immortale.