LOCKE di Steven Knight, conclusa con successo la rappresentazione al Parenti di Milano – La recensione

Lo spettacolo LOCKE di Steven Knight, con Filippo Dini che ne firma anche la regia è stato in scena, in prima nazionale, al Teatro Franco Parenti di Milano dal 7 al 12 luglio con grande successo di pubblico. Per leggere la trama e altre notizie sullo spettacolo vi rimandiamo al nostro precedente articolo.

Noi lo abbiamo visto la sera di sabato 11 luglio e lo abbiamo trovato un ottimo spettacolo, che grazie al suo testo, ma soprattutto alla valida ed intensa interpretazione di Filippo Dini, è capace di trasmettere al pubblico una variegata gamma di emozioni:

Chi è quest’uomo che da solo occupa lo spazio recitativo, scenografico ed emotivo?

E’ Locke, Ivan Locke… non possiamo dimenticarlo: è la password per entrare in un nuovo capitolo della sua vita. Sì, perché la vita di Locke è un audiolibro; ogni squillo di telefono gira una pagina di questo percorso raccontato in dialoghi.

Un’ auto, o meglio ciò che la rappresenta, un uomo, i suoi interlocutori… 

Suona il cellulare: è Gareth. Ci presenta, insieme a Donal, al vigile e al responsabile della viabilità stradale (Cassidy) Locke imprenditore, abile organizzatore per la colata di calcestruzzo più importante degli ultimi anni. Un uomo preciso, testa inquadrata, problem solving. Dovrebbe essere sul posto a supervisionare ogni passo di questa esecuzione, ma la vita lo porta altrove… E’ costretto a delegare, a fidarsi anche di chi antepone l’alcool alla propria sobrietà nel lavoro.

Suona il cellulare: si gira pagina. Sono i figli. Veicolano una figura paterna presente, coinvolta; parlano di una partita attesa quanto entusiasmante. Tutto è pronto, anche le salsicce che la madre/moglie sta cucinando come simbolo di vittoria sportiva. Dovrebbe essere a casa a urlare per ogni goal segnato, ma la vita lo porta altrove…

Dove va? Perché non occupa quegli spazi così suoi e che lo attendono?

Suona il cellulare: è Bethan. E’ lei il motivo del cambiamento di rotta di Locke… lei rimasta incinta… lei che sta partorendo. Locke è costretto ad uscire dalla sua confort zone, il senso di responsabilità lo impone. Dovrebbe essere anche lì, ma la strada che lo separa dall’arrivo è lunga ed è segnata da una suora e da un medico, che lo informano riguardo allo stato di salute e di nevrosi di una paziente che lui non ama. Si qualifica: “Sono il padre del bambino”.

Suona il cellulare: è Katrina, la moglie; richiama più volte. Locke le racconta di come in una notte di non-amore si sia lasciato coinvolgere dalla disperazione di Bethan e abbia avuto con lei un rapporto. Inspiegabile a se stesso, ancora di più alla moglie. Ivan (per lei) vuole essere compreso; cerca come garante il suo passato di buon marito e padre… non basterà.

Sembra che ogni cosa possa trovare la giusta collocazione: il bimbo nasce e il suo vagito provoca un sorriso su quel viso battuto dagli eventi; la gettata di calcestruzzo è programmata; i figli lo aspettano per raccontare la partita e consumare le salsicce, ma la pagina di Katrina si chiude: l’infedeltà è troppo, non la può reggere.

Qualcuno completa la presentazione di Locke: non lo sentiamo parlare, ma il monologo che nasce come ponte relazionale tra i vari interlocutori, espone Ivan nei suoi lati più intimi. E’ il padre alcoolista, lontano dalla famiglia, colui che lo abbandonato ma che lo accusa nella coscienza. Ecco Locke: non può mentire alla moglie, né lasciare Bethan nella sua fragilità, né dimenticare la condivisione con i figli, né trascurare il lavoro. Ogni aspetto si oppone a ciò che non ha ricevuto e che ha fortemente voluto essere.

Filippo Dini, unico attore, unico audiolibro, unico accompagnatore in una vita sua quanto nostra… Non si tratta di una rappresentazione ma di un invito a pensare e pensarsi in noi stessi e negli altri. Tutto potrebbe cambiare, ogni certezza potrebbe crollare. Siamo gli autori di ogni episodio della nostra esistenza.

Non vi consiglio… insisto… non perdetelo!!