E’ in scena fino al 30 novembre al Teatro Fontana di Milano Lo Straniero – un funerale, di Francesca Garolla, liberamente ispirato da Albert Camus, con Woody Neri, per la regia di Renzo Martinelli, che abbiamo presentato nel nostro precedete articolo e a cui vi rimandiameo per altre informazioni, orari e prezzi.
LA RECENSIONE:
Un palcoscenico desolato: qualcuno è morto ammazzato… un arabo, anzi “l’Arabo”, per conferirgli, almeno da morto, una dignità di uomo. Non si conosce il nome del defunto, ma si conosce il nome dell’assassino:
strano, di solito accade il contrario! Il colpevole verrà giudicato, condannato e giustiziato. E i morti saranno due… chi sarà pianto dalla madre e chi sarà criticato per non aver pianto al funerale della propria. Non sarà un argomento così interessante, sarà presto dimenticato. Tutti hanno altro a cui pensare…
Cosa rimane? Un uomo che si racconta (Woody Neri), infilando una lunga collana di perle… una dopo l’altra:
perle di saggezza, perle di amarezza, perle di amore e di odio. La sua voce spezza il silenzio di questi decessi e accompagna riflessioni profonde sulla vita e sulla morte. Come Camus, anch’egli lega il vivere e il morire a un’esistenza di incomprensione di ogni attimo.
Il corpo, che è nel presente, non può contenere un pensiero che vola lontano. La morte è uguale per tutti, come direbbe Totò per il nobile marchese e il netturbino; la vita no, come invece banalmente si dice: sotto i riflettori del mondo, ognuno arranca per “essere”, spesso senza divenire e persistere negli altri.
Due elementi spiccano oltre: la croce illuminata (“Io sono la luce del mondo” – Gesù) e luce-suono fusi einseparabili, che spingono l’artista, lo tirano, lo annullano, per poi ripescarlo nell’oblio della sua ricerca.
L’archetto che sfiora i fili metallici e sottili del braccio delle luci, non segue uno spartito, ma scatena forti emozioni (grazie all’abilità e alla sensibilità di Renzo Martinelli), legando le parole espresse con enfasi all’attenzione del pubblico.
La croce viene privata della luce. Non basta l’umanità di Cristo a soddisfare la ricerca di un uomo nell’universo spazio-temporale dell’esistenza. Così fa eco la distruzione irriverente del piccolo Golgota appoggiato sui mattoni.
“Il giorno diventa notte in un solo momento”; nello stesso modo, la sovranità di Dio che “vede da lassù”, non risponde, diventa buio: serve la sua paternità. Non possono esserci solo madri che piangono, serve un Padre che spieghi ciò che sta accadendo, che insegni a superare la vita.
Woody Neri non perde un colpo: si scatena contro la vita, contro la morte, contro Dio, contro se stesso. Da quel tide, abito da uomo solitamente elegante (grazie alla scelta precisa di Valeri Aura) e ora sgualcito, esce una camicia e poi una canottiera, mettendo allo scoperto la fragilità di un uomo senza Dio, che affronta un universo assente, silenzioso e incurante.
Spettacolo forte, profondo. Sicuramente per chi cerca nel teatro non solo il divertimento e la leggerezza, ma anche il fascino della rottura degli schemi del pensiero