Ha debuttato il 10 gennaio al Teatro Franco Parenti dove replicherà fino al 16 gennaio, la commedia “Così è (se vi pare)“, che scritta nel 1917 rappresenta una delle opere classiche più celebri di Luigi Pirandello, ma la brillante regia di Geppy Gleijeses riesce a renderla attualissima con un cast di altissimo livello composto da Milena Vukotic, Pino Micol e Gianluca Ferra.
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RECENSIONE
Neanche Pirandello stesso saprebbe trattenere un applauso soddisfatto e compiaciuto. Troverebbe se stesso, la sua opera, i suoi temi e i suoi personaggi ricchi di una potenza storica e sociale quasi superiore a ciò che aveva scritto.
Sì! Ogni attore ha espresso appieno l’enigma della verità assoluta, l’incapacità di stabilire la realtà, anche davanti a fatti oggettivi (almeno si crede che siano tali): ognuno può dare la propria interpretazione che difficilmente coinciderà con quella degli altri. Da qui, il titolo dell’opera che parla da solo: “Così è… se vi pare” Ogni cosa può essere vera, se la si considera tale! Emblematico del relativismo pirandelliano: non esiste una verità assoluta ed è impossibile giungere a definirne dei contorni certi e definiti. E, ancor di più, è irrilevante sapere che esista una verità assoluta (Lamberto Laudisi ne è il portavoce ufficiale).
La trama, molto nota, racconta la storia, in un paesino di provincia, di 3 personaggi fondamentali: il signor Ponza, impiegato, di sua suocera, la signora Frola, scampati al terremoto nella Marsica e della donna a tutti sconosciuta, moglie di Ponza e figlia della signora Frola. L’enigma relativo a questo personaggio (Lina o Giulia?), scatena la reazione del paese e porta alla luce storie discordanti del marito e della madre, vittime o responsabili della reclusione della giovane donna.
L’appartamento del consigliere Agazzi diventa una giostra impazzita, sulla quale sale il personaggio che racconterà la sua versione dei fatti… tutti gli astanti saranno convinti della veridicità del racconto (tranne Laudisi che rimarrà l’incipit perpetuo del dubbio), fino alla versione successiva che porterà alla luce nuove voci e accattivanti particolari…E la giostra gira e tutti si convincono dell’esatto contrario (e Laudisi, chiuso nelle sue spalle, ride della caducità del pensiero umano!!)
L’aspetto sociologico della vita borghese viene così smascherato dagli interrogatori rivolti ai nuovi arrivati da risultare vicino e coerente con un’epoca, durante la quale le autorità lavorative o della legge (il prefetto) potevano arrivare alla privacy delle famiglie, senza far sentire l’abuso di potere inflitto ai più deboli.
Ma qui al Parenti, qualcosa è successo che ha fatto esplodere l’opera di Pirandello: 3 grandi attori, come Milena Vukotic (standing ovation), Pino Micol(Laudisi) e Gianluca Ferrato (Ponza), legati a tutti gli altri personaggi hanno costruito un’impalcatura recitativa sulla quale inserire i frammenti della stessa storia, narrata in modo diverso, spaccata da particolari e da vissuti personali. Milena Vukotic, nei panni della signora Frola, trasferisce i sentimenti disperati di una madre o di una donna impazzita o di una suocera a volte critica, a volte spaventata, a volte comprensiva e affettuosa nei confronti del genero; le sue parole vibrano in un ambiente che la accusa e la giudica, risuonano come richieste di aiuto e tremano nella mancata identificazione di sé.
Di contro, le due posizioni contrapposte: il genero (Ferrato), che presenta le sue verità e Laudisi che fa crollare entrambe. Qui la regia di Geppy Gieijeses esalta le presentazioni singole e l’orchestra recitativa di tutti gli attori, ottenendo un processo di verità, negazione di essa, discussione e revisione dei dati oggettivi e sensibili, fino a raggiungere il culmine della contraddizione con l’entrata in scena della giovane donna, figlia della signora Frola (forse) e moglie (prima o seconda?) del signor Ponza. Sarà lei a chiarire la sua identità e il segreto che le sue mura domestiche nascondono? Assolutamente NO! Tutto è vero e tutto è negabile. Nessuna certezza e nessuna esclusione.
Un encomio particolare ai tecnici di scena, di luci e musicali: la presenza di specchi (anche deformanti) ha reso tangibile lo sforzo dell’uomo di guardarsi dentro, oltrepassando ciò che gli occhi vedrebbero nell’esteriore. Le luci hanno accompagnato i passaggi attraverso vetri trasparenti o opachi, alla ricerca dell’incognito personale e altrui, sollevando i momenti di turbamento con suoni leggeri o ridondanti(Teho Teardo).
La scelta di introdurre degli ologrammi (grazie a Michelangelo Bastiani) di altezza di cinquanta centimetri ha preceduto l’opera vera e propria, quasi a sottolineare quanto possa essere minima ed effimera la corsa dietro a cose vane, in apparenza forti e profonde. Tutto può essere o solo sembrare. Ciò che scatena il tumulto cittadino oggi, sarà dimenticato domani, senza aver trovato un senso compiuto e una ragione di essere a fatti e persone.
Un lavoro attento, minuzioso, ricco di recitazioni eccellenti in un contesto che parla insieme al testo. Meritatissima la sala piena, tanto da aggiungere posti alternativi… Il teatro così riempie e fa pensare… Si esce sazi e appagati. Grazie a tutti voi.