Abramo, padre di popoli e custode di silenzi: al Litta di Milano Stefano Sabelli racconta un mito eterno

E’ stato in scena con successo al Teatro Litta di Milano, per un’unica data lo scorso 26 febbraio 2025,  lo spettacolo tratto dall’opera di Svein Tindberg “Figli di Abramo”, in cui  Stefano Sabelli, attraverso una narrazione intensa e suggestiva, dedicata alla figura di Abramo, guida il pubblico lungo in un percorso millenario, dove fede e cultura si incontrano, offrendo uno sguardo profondo sulle radici comuni delle tre grandi religioni monoteiste. in cui si intrecciano storia, mito e spiritualità.

Altre info sullo spettacolo,  sul nostro articolo di presentazione.


RECENSIONE

Una fisarmonica e un clarinetto preparano l’ingresso del racconto (grazie ai musicisti dal vivo e accompagnamento: Manuel Petti, Marco Molino, Irene Apollonio, Daniele Giradina, Lorenzo Mastrogiuseppe)… Abramo, il padre della fede, ma anche il padre di Ismaele e di Isacco, due fratellastri: il primo figlio di Agar, la serva egiziana di Sara (moglie di Abramo), il secondo  figlio della promessa che Abramo stesso e Sara ricevono da Dio, malgrado l’età molto avanzata: Abramo aveva cento anni. Abramo, Isacco e suo figlio Giacobbe (il cui nome diventerà Israele) saranno i l capostipiti del popolo di Israele… “Attraverso Isacco, da te prenderà nome una stirpe…”

Agar e Ismaele, invece, verranno allontanati per gli scherzi tra fratelli, che vedevano inferiore il piccolo Isacco … “Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non sarà erede con mio figlio Isacco” (Genesi capitolo 21). Ma Dio non li abbandona: anche da Ismaele farà una nazione, perché appartiene alla discendenza di Abramo.

E così sono già in essere due delle tre principali religioni monoteiste: Ebraismo e Islam. Manca il Cristianesimo… non per molto: Gesù nasce ebreo e, tramite la sua morte, Dio attua un piano di salvezza per l’umanità e, dopo di Lui si formerà la chiesa, frutto della testimonianza e del lavoro missionario dei Suoi discepoli.

Non a caso, l’apostolo Paolo presenterà, nella lettera ai Romani, l’ulivo selvatico (Cristianesimo) che viene innestato nell’ulivo madre (Ebraismo): questa è la continuità dalla stirpe di Abramo!

Entrano in scena i riferimenti teologici di ciascuna di queste religioni: La Torah (Pentateuco, solo i primi 5 libri della Bibbia), per l’Ebraismo; Il Corano per l’Islam; La Bibbia per il Cristianesimo. Garanti e testimoni dell’intreccio genealogico alla base della loro nascita e della loro divisione.

Un patriarca, due figli, tre fedi e un attore…
Ecco l’altro protagonista di questo racconto: un attore (Stefano Sabelli, anche direttore tecnico), che lascia il gruppo di un viaggio organizzato per avere il tempo di scoprire con più attenzione il percorso e le tracce di Abramo e di tutto il mondo di storia e civiltà che ha rappresentato. E’ accompagnato da una guida palestinese, in un viaggio geografico e metaforico, partendo da Ur dei Caldei (luogo di nascita di Abramo), all’Egitto; dalla Cisgiordania alla Penisola arabica. Guardano Gerusalemme: il muro occidentale, chiamato anche il muro del pianto, legato al mondo ebraico e ultimo ricordo del secondo tempio di Gerusalemme, distrutto nel 70 d. C. dalle truppe romane; il Santo sepolcro, tomba di Gesù, luogo appartenente alla fede cristiana, come la via dolorosa e il monte degli ulivi; la Cupola della Roccia, terzo luogo sacro all’Islam (dopo La Mecca e Medina), costruita per proteggere la Pietra della Fondazione, la roccia dove Maometto ascese al cielo.

Le immagini che scorrono sul fondale del palcoscenico riproducono la tridimensione dei questi monumenti, facendo rivivere ciò che in essi accadeva: la civiltà che si muoveva , ciascuna nella propria direzione, fatta di miti, leggende, fedi, testimonianze (grazie a Kezia Terracciano per le proiezioni e le immagini).

Un percorso “farcito” da dialoghi tra l’attore e la sua guida (entrambi presentati dall’accattivante  e istrionico Stefano Sabelli), dialoghi e battute, anche in dialetto, per coinvolgere nella realtà quotidiana, per alleggerire quel mondo che si è vissuto nella storia antica ma che, purtroppo risuona ancora oggi. Riferimenti storici, fatti di cronaca e di attualità, incontri: quel bambino che teneva su i pantaloni, in assenza di bretelle, spogliato e investigato, con un tesoro nelle tasche fatto di tappi di coca cola e poco altro. E’ un filo sottile che passa attraverso la narrazione: chi vive lì lo sa e nutre sentimenti contrastanti e si organizza con filo spinato attorno e sopra la casa per trattenere ciò che viene lanciato contro. O teme ancora un assalto che provocherà stragi e morti.

La tomba dei Patriarchi è la conclusione di un viaggio ma anche della comprensione dei fatti: l’attore turista e partecipe pone una domanda senza risposta: nella tomba ci sono Abramo, Isacco e Giacobbe e le loro mogli. Unica stirpe… unica rappresentanza del Patriarca Abramo… E Ismaele, figlio anch’egli dello stesso padre?

Non serve una risposta! Si teme una risposta!

Opera profonda, incalzante, pur mantenendo una sobrietà che la rende accessibile anche a un pubblico più giovane, in un viaggio capace di intrecciare memoria e presente, lasciando allo spettatore il compito di raccogliere le domande irrisolte e ascoltare il silenzio carico di storia che ancora oggi risuona.